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Mimesia | Messer Errore
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Messer Errore

Messer Errore

Fin da piccola ho sempre scelto di dire la verità.

Sì, perché al di là dell’educazione ricevuta, anche io come tutti bambini talvolta ho sperimentato la strada della bugia. Ricordo che stavo talmente tanto male con me stessa dopo, che in fin dei conti la responsabilità che mi avrebbe legato all’accaduto o alla relazione umana, erano di gran lunga più gestibili rispetto alla sensazione di fastidio che mi esplodeva dentro.

Quindi, all’ottima educazione ricevuta ho comunque anche offerto a me stessa una buona dose di autodisciplina. Ho sempre trovato insopportabile il peso della menzogna. Peso? Non saprei se definirlo peso, sicuramente in me ha l’effetto di straccia-budella.

Orbene, viste le premesse personali che mi riguardano da molto vicino, ecco spiegato il motivo per cui sin da fanciulla ho sempre preferito dichiarare un totale: “Mi dispiace ho sbagliato”. Questo outfit però non va molto di moda e comunemente si preferisce la versione voltagabbana anche davanti all’evidenza.

Quindi, date le premesse, e, se è vero come è vero che nella storia il diavolo fa le pentole e scorda i coperchi, si potrebbe comodamente affermare che Messer Errore non pensa neppure a scaldare i tegami.

Errore infatti è un soggetto stranamente mansueto, un affascinante animale da compagnia. Può restare rintanato per ore e giornate intere sotto al tuo letto o alla scrivania che quasi ti scordi della sua esistenza, ma è un buffone ed un egocentrico lui, un po’ poeta e un po’ teatrante. Così, quando meno te lo aspetti te lo trovi seduto a gambe accavallate sopra il tavolo o sulla poltrona mentre fa dondolare la gamba e schiocca la lingua. Ti incastra quegli occhi neri come la pece tra i pensieri e attende. Glamour anni ’30, Errore attende solo una piccola distrazione, un movimento lento , un sussurro distratto…ZAC! Fatto. Fregata. Stoccata e affondo. Vince lui.

Ed è in questo istante che tutte le luci della ribalta sono le sue. Si accendono i riflettori, cambia l’inquadratura, zoom e primo piano strettissimo, il sudore sale, lo stomaco si contorce, il cervello annaspa. “Caspita! Ho sbagliato” Rullo di tamburi, lancio di palloncini e stelle filanti! One man show.

Ed è adesso che la tattica cambia, il piano muta, il narratore cambia prospettiva. Per chi niente affatto abituato ad assumersi le proprie responsabilità infatti, questo è il momento che Errore preferisce. Non si diverte con chi ammette semplicemente la svista, no, lui ama le sfide, l’improvvisazione e allora cosa c’è di meglio della compagnia di qualcuno per cui l’errore non esiste? Errore non esiste.

Ma lui c’è. Saltella come un giullare tra le accuse e le rimostranze. Poi sparisce tra i verbi impersonali e le mancate allusioni verbali. Mi fermo a guardarlo. Non esiste Errore se Errore non si nomina. Nessuno sbaglia se non si ammette di aver sbagliato. Eccolo che appare e scompare, gioca a nascondino intermittente come le luci di Natale. Ride e ammicca, sussurra e solletica mentre il mal capitato arranca e suda tentando di sviare il discorso per non incappare in errore, appunto. Nessuno mai sbaglia. Errore lo sa, ma si diverte lo stesso a tediare il poveretto rosso in viso e sudaticcio. E’ il suo potere e il suo sollazzo.

In fondo sbaglia solo chi sa di aver sbagliato, per tutti gli atri l’arte della giocoleria e del tiro al piattello è appena iniziata. Altro giro, altra corsa

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